Servizio per la casa o per il Signore
Ezechiele 44: 9-26, 28, 31;
Luca 17: 7-10
Fissiamo subito dall’inizio che tra il servizio per la casa di Dio e il servizio per il Signore quasi non v’è una differenza esteriore. Molti tra voi si adoperano con estrema energia per i fratelli e le sorelle e voi lavorate instancabilmente per salvare peccatori e per provvedere alle esigenze della chiesa. Tuttavia vorrei chiedervi: «Volete venire incontro ai bisogni del vostro prossimo, oppure volete servire il Signore? Vi interessa in prima linea il vostro prossimo, Oppure v’interessa Lui?»
Non facciamoci delle illusioni. Il lavoro per il Signore ha indubbiamente qualcosa di avvincente per la carne. Troviamo forse molto interessante e perfino entusiasmante l’adunarsi di grandi moltitudini per ascoltare le nostre prediche e quando vengono salvate molte anime. Se invece si deve rimanere a casa, interessandosi tutto il giorno di cose mondane, allora diciamo: «Che vita senza senso - Come sarebbe bello uscirsene e servire il Signore! Almeno fossi libero di viaggiare e di predicare, oppure potessi da uomo a uomo evangelizzare!»
Ciò però non è un atteggiamento spirituale, ma unicamente l’espressione di una predilezione naturale. Potessimo almeno vedere che il lavoro tanto grande fatto per Dio, non è in effetti un vero servizio per Lui! Egli stesso ci ha detto che in quel tempo si trovava un certo gruppo di Leviti che era molto affaccendato, ma che tuttavia non Lo serviva, bensì serviva solo la casa. Il servizio per il Signore e il servizio per la casa sono così simili, che spesso è difficile poter distinguere tra i due.
Quando un israelita giungeva al tempio, volendo pregare Iddio, allora erano presenti quei Leviti, sì che egli potesse offrire il suo sacrificio di pace e il suo olocausto. Essi lo aiutavano a condurre il sacrificio sull’altare e uccidevano la vittima. Senza dubbio ciò rappresentava un lavoro eccellente: convertire i peccatori e condurre i fedeli più vicini al Signore! E Dio accettava di buon grado il servizio di quei Leviti, che aiutavano l’uomo nell’offerta del loro sacrificio di pace e del l’olocausto. Ma ciò nonostante Egli disse che non era un servizio per Lui stesso.
Miei cari fratelli e sorelle, ho un grave peso sul cuore. Desidero ardentemente che riconosciate ciò che Dio vorrebbe in effetti avere. Egli cerca servitori che sono al Suo servizio soltanto per Lui. «‘Ma i sacerdoti Leviti, figli di Tsadok … si avvicineranno a me per servirmi e staranno davanti a me per offrirmi il grasso e il sangue’, dice il Signore, l’Eterno. ‘Essi entreranno … per servirmi’»
(Ezech. 44:15-16).
Io temo assai che a molti di voi interessi unicamente ingaggiare peccatori per il Signore e condurre fedeli senza che voi, ciò facendo, non serviate affatto il Signore stesso. Quanto del cosiddetto servizio del Signore non sgorga semplicemente dalle nostre tendenze naturali! Siamo così pieni di dinamismo e non siamo più in grado di starcene a casa e di conseguenza diventiamo attivi per il nostro benessere personale. Forse serviamo i peccatori e i fedeli, ma in realtà serviamo costantemente proprio la nostra carne.
Mi rammento di una cara sorella che ora è dal Signore. Con lei lessi un giorno durante una comune orazione Ezechiele 44:9-26, 28 e 31. Dopo la lettura detta sorella, molto più vecchia di me, disse: «Mio giovane fratello, vent’anni fa ho studiato per la prima volta questo capoverso». «E quale fu la tua reazione?» le chiesi. Ella rispose: «Dopo aver letto questo passo, chiusi la Bibbia, m’inginocchiai dinanzi al Signore e pregai: ‘Signore, fa’ di me una persona che non serva il tempio, ma Tè». Possiamo pregare così?
Orbene, che cosa in effetti intendiamo, quando diciamo che si può servire Dio o il tempio? Il Signore dice: «Ma i sacerdoti Leviti, figli di Tsadok, che hanno preso cura del mio santuario quando i figli d’Israele si sono sviati da me, si avvicineranno a me per servirmi e staranno davanti a me per offrirmi il grasso e il sangue». Così disse il Signore Iddio. Questa è la premessa fondamentale di qualunque servizio che possa essere denominato «servizio al Signore»: avvicinarsi al Signore e sostare dinanzi a Lui.
Quanto spesso ci riesce ostico giungere alla presenza del Signore! Noi indietreggiamo dinanzi alla solitudine e perfino quando ci distacchiamo in realtà dalle cose esteriori, i nostri pensieri divagano tuttavia. Molti di noi godono di lavorare fra gli uomini, ma quanto è grande il numero di coloro che si avvicinano a Dio nel santuario? Eppure possiamo servirLo solo quando facciamo ciò. Per giungere alla presenza di Dio e standosene per un’ora inginocchiati dinanzi a Lui, abbiamo bisogno di tutte le energie che possediamo. Dobbiamo farci violenza per non venir meno a tale scopo. Chi però serve il Signore, sa quanto preziosi siano questi momenti e come possa essere meraviglioso rimanere svegli a mezzanotte, per trascorrere un’ora in preghiera, o quando al mattino assai presto ci si alza per pregare per un’ora, prima di continuare il sonno.
Vi vorrei parlare a cuore aperto. Se non sappiamo effettivamente cosa significhi avvicinarsi al Signore, non possiamo sapere neppure ciò che significa servirLo. E’ impossibile che qualcuno si distanzi dal Signore e ciò nonostante Lo serva. Non Lo si può servire in lontananza. Ora è solo un luogo dove il vero servizio a Lui offerto e possibile e cioè il santuario. Nel cortile abbiamo contatto con gli uomini, ma nel santuario abbiamo contatto col Signore.
Il testo citato sottolinea che dobbiamo avvicinarci a Dio se vogliamo renderGli servizio. Esso parla anche del fatto che dobbiamo sostare dinanzi a Lui per servirLo. Ho l’impressione che oggigiorno dobbiamo restare costantemente in movimento e che non possiamo rimanere fermi. Ci sono tante cose che attirano la nostra attenzione, per cui siamo incessantemente attivi. Non c’è verso che per un attimo abbandoniamo la nostra attività. Tuttavia un uomo spirituale è in grado di arrestarsi. Egli può sostare tanto a lungo dinanzi a Dio, finché Egli manifesta la Sua volontà. Egli può perseverare e attendere direttive.
Qui vorrei rivolgermi in modo particolare ai miei collaboratori. Mi è lecito chiedervi: Non è suddiviso bene il vostro lavoro? Non lo eseguite secondo un programma predeterminato? Non deve esso essere eseguito in gran fretta? È possibile con queste premesse portarvi al punto da sostare un po’ e per un attimo essere inattivi? Poiché proprio di questo si tratta qui: cioè di sostare dinanzi al Signore e di servirLo.
«Mi si avvicinino per servirmi»: chi non conosce il significato di questa parola, non è adatto al vero servizio al Signore. E tanto è non adatto colui che non ha colto la parola successiva: «Staranno davanti a me per servirmi». Miei cari, non pensate che ogni servo debba attendere l’istruzione del suo Signore prima di servirLo?
Vi sono solo due specie di peccati dinanzi a Dio. Uno è il peccato di ribellione contro i Suoi comandamenti, cioè il rifiuto di obbedienza quando impartisce degli ordini. L’altro peccato consiste nel fatto che noi si agisce senza che il Signore abbia impartito un ordine. Il primo è ribellione, l’altro è arroganza. Nel primo peccato non viene svolto ciò che il Signore ha detto, e nel secondo viene fatto ciò che il Signore non ha detto. Il sostare davanti al Signore ci salva dal peccato di agire senza il Suo ordine.
Fratelli e sorelle, quanto del vostro lavoro fin qui svolto si rifà ad un chiaro ordine del Signore? Quanto avete fatto in base alle Sue dirette istruzioni? E quanto avete fatto unicamente perché vi sembrava qualcosa di buono? lo vorrei dirvi che null’altro danneggia tanto gli interessi del Signore, quanto le buone intenzioni. Le «buone cose» sono l’ostacolo più grande perché la Sua volontà venga eseguita. Se qualcosa di brutto o d’impuro ci tocca, lo riconosciamo subito come qualcosa con cui il cristiano non deve avere nulla a che fare. Perciò le brutte cose ovviamente non sono una tale minaccia per il piano del Signore, come le buone cose. Voi pensate forse: «Questo qui non sarebbe contrario», oppure: «Ciò è l’ottimo di quanto qui si possa fare». Poi ci andate e lo eseguite, senza prendere del tempo e senza chiedersi se risponde alla volontà di Dio. Ahimè, noi figli del Signore, sappiamo tutti che non ci è permesso di fare alcun male; ma non appena la nostra coscienza non proibisce qualcosa, o una cosa sembri buona, pensiamo già di avere motivo sufficiente di agire senz’altro.
Ciò che avete in animo di fare è forse molto buono, ma sostate dinanzi al Signore, attendendone le Sue istruzioni? «Staranno davanti a me» - Racchiude in sé che al Suo cospetto dobbiamo sostare inibendoci qualunque iniziativa personale, finché Egli abbia dato le Sue istruzioni. In tal guisa si serve il Signore. Nel cortile tutto è determinato dai bisogni degli uomini. Non appena si presenta qualcuno che vuole sacrificare un toro o una pecora, c’è di che lavorare. Ma nel luogo santissimo regna solitudine assoluta. Nessuno vi penetra, nessun fratello e nessuna sorella decide di noi, nessun comitato decide per noi. Nel luogo santissimo vi è soltanto un’autorità e cioè quella del Signore. Se mi impartisce un ordine, lo eseguo, se non m’impartisce alcun ordine, non intraprendo nulla.
Ma qualche cosa da fare c’è per noi, quando sostiamo dinanzi al Signore e Lo serviamo: dobbiamo sacrificarGli «grasso e sangue». Il sangue soddisfa le esigenze della Sua santità e giustizia ed il grasso le esigenze della Sua magnificenza. Attraverso il sangue viene risolta la questione del nostro peccato e attraverso il grasso Dio viene soddisfatto. Il sangue elimina tutto ciò che appartiene alla vecchia creazione e il grasso ci porta la nuova creazione. Qui non si tratta solo di un dogma spirituale. Quando il Signore esalò la Sua anima consegnandola alla morte, la nostra vita spirituale era bloccata. Quando versò il Suo sangue prezioso, eternamente efficace, non solo immolò la propria vita, ma la vita in modo assoluto, che l’uomo possiede dalla nascita. Ed Egli non solo morì, ma risuscitò anche dai morti. E ciò che Egli ora vive, lo vive Dio. Egli vive per la soddisfazione di Dio; Egli offre; «grasso e sangue». Perciò anche noi dobbiamo offrire sangue e grasso se vogliamo servire il Signore. E questa cosa impossibile, è possibile in base a ciò che Egli ha fatto.
Il servizio di cui qui si parla, può tuttavia essere assolto solo in un luogo ben determinato: «Essi entreranno nel mio santuario, si avvicineranno alla mia tavola per servirmi e compiranno tutto il mio servizio» (v. 16). Il servizio personale dinanzi al Signore, si effettua all’interno del santuario in segreto e non pubblicamente nel cortile. Gli uomini penseranno forse che noi si sia inattivi; ma il servizio dinanzi al Signore nel santuario è al di sopra del servizio reso agli uomini; cioè del servizio nel cortile. Fratelli e sorelle, impariamo cosa significa sostare dinanzi al Signore, attendere le Sue istruzioni, servire solo il Suo comandamento e non lasciarci guidare da null’altro all’infuori della domanda:
«Quale è la Tua volontà?»
Lo stesso capoverso ci indica anche come debbano vestirsi gli uomini che vogliono servire il Signore: Essi «indosseranno vesti di lino; non avranno addosso alcun indumento di lana, mentre presteranno servizio alle porte del cortile interno e nel tempio. Avranno in capo turbanti di lino e calzoni di lino sui lombi …» (vv.17-18). Chi serve il Signore non deve indossare della lana. Perché? Il motivo è spiegato appresso: essi «non si cingeranno con ciò che fa sudare». Nessun lavoro che provoca sudore è accettabile per il Signore. Ma che cosa significa «sudore»?
Noi tutti sappiamo dove viene menzionato per la prima volta il sudore: nella cacciata di Adamo dal giardino dell’Eden. Dopo che Adamo ebbe peccato, Dio emise su di lui la seguente sentenza: «Il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con fatica tutti i giorni della tua vita … mangerai il pane col sudore del tuo volto» (Gen. 3:17-19). Palesemente «sudore» e collegato con la maledizione. Poiché la maledizione stava sul suolo, senza la fatica dell’uomo non dava più alcun frutto e la fatica produce sudore. Se la benedizione di Dio è trattenuta, allora è necessario uno sforzo fisico, il che provoca sudore. Qualunque lavoro che provoca sudore è espressamente interdetto ai servitori del Signore. Ma quale impiego di energia vediamo oggi nel lavoro per Lui! Oggi purtroppo solo pochi cristiani possono fare un lavoro senza produrre sudore. Al loro lavoro si unisce una pianificazione assidua, ponderazione, incitamento e sollecitazione, cui si aggiunge un costante andirivieni. Esso può essere svolto solo con grande zelo carnale.
Oggigiorno ciò che non costa sudore non è considerato un vero lavoro. Prima che si possa fare qualcosa per Dio, è necessaria molta operosità. Vengono allacciati rapporti, si tengono convegni e sedute, mentre si cerca di guadagnare l’intesa di molte persone. Una attesa tranquilla al cospetto del Signore e chiedere le Sue istruzioni, non viene in mente. Eppure è Dio il fattore unico, decisivo, nell’opera spirituale. L’unica persona con la quale dobbiamo comunicare, è Dio. Ed è proprio ciò che rappresenta la preziosità dell’opera spirituale che è unita a Dio; Certo che anche questo essere collegati con Lui conduce al lavoro, ma non già a tal punto da provocare sudore.
Se dobbiamo cercare di interessarci del lavoro e intraprendere grandi sforzi per stimolarlo, allora certamente non scaturisce dalla preghiera in presenza di Dio. Permettetemi di aggiungere inoltre quanto segue: «Ogni lavoro che è veramente spirituale, viene effettuato in presenza di Dio. E se voi lavorate veramente in presenza di Dio, si farà palese una reazione, non appena verrete in presenza di uomini. Allora non avrete bisogno di metodi che sottraggono tempo per aiutarli». L’opera spirituale è opera di Dio, e, se Dio lavora, l’uomo non ha bisogno di sforzarsi al punto di provocare il sudore. Fratelli e sorelle, oggi facciamoci un esame di coscienza in tutta sincerità al cospetto di Dio. ChiediamoGli: «Servo Te o servo l’opera? Servo il Signore o Servo la casa?» Se lavorate costantemente col sudore, voi stessi potrete dedurne le conseguenze, cioè che servite la casa e non il Signore. Se tutta la nostra operosità emana da ciò che gli uomini abbisognano, saprete che servite l’uomo e non Dio. Non disprezzo il lavoro nel cortile. La macellazione delle vittime sull’altare è un lavoro per Dio e ci deve essere qualcuno che la esegue. Ma Dio vorrebbe di più.
Il Signore non può conquistare ognuno per servirLo personalmente, poiché molti dei Suoi fedeli non intendono abbandonare nel cortile il lavoro interessante e versatile. Il servizio all’uomo corrisponde alla loro inclinazione. Ma come la mettiamo con noi? Già Oggi vogliamo dire al Signore: «Sono pronto a por fine al lavoro. Voglio abbandonare il cortile per servirTi nell’interno del santuario.»
Quando a Dio non riuscì a mettere al Suo servizio tutti i Leviti, scelse tra loro i successori di Tsadok, per questo particolare servizio. Ma perché scelse proprio costoro? Quando i figli di Israele si allontanarono da Dio, i successori di Tsadok riconobbero che il cortile era andato completamente in rovina, e così non tentarono di conservarlo, ma ritennero loro compito conservare sacro il santuario stesso.
Fratelli e sorelle, siete disposti a far cadere la forma esterna o la volete assolutamente in piedi per mezzo di un’armatura? Il santuario è un luogo che Dio vuole conservare, un luogo riservato, solo per Lui, in cui vale una scala assoluta. Vi imploro, davanti a Dio: «Seguite la Sua chiamata, abbandonate il cortile e datevi a servire Dio nel santuario»!
Leggo molto volentieri il passo negli Atti degli apostoli 13, in cui si parla dei profeti e degli insegnanti nella chiesa ad Antiochia: «Or, mentre celebravano il servizio al Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: ‘Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati’». Qui notiamo il principio fondamentale che determina ogni lavoro per Dio, nella dispensazione neotestamentaria: lo Spirito Santo incarica degli uomini con l’opera, solo quando servono il Signore. Se a noi non interessa il servizio al Signore, allora, come conseguenza vi sarà confusione nell’opera. All’inizio della storia della chiesa, lo Spirito Santo, ad Antiochia, disse: «Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». Per la Sua opera, Dio, non vorrebbe prendere dei volontari, ma dei convocati. Egli non vuole che tu predichi il vangelo solo perché ti dà gioia. L’opera del Signore viene oggi gravemente danneggiata per mano di volontari. Mancano quelli che, come Gesù, possono dire: «Mi ha mandato ...». Fratelli e sorelle, l’opera di Dio è Sua propria, non è un’opera in cui possiate inserirvi a vostro giudizio. Né le chiese, né comunità missionarie, né dei teams evangelici possono inviare degli uomini affinché lavorino per Dio. Convocare degli uomini, non è concesso agli uomini; solo lo Spirito di Dio può deciderlo.
Se serviamo il Signore, non significa trascuratezza nel servizio al prossimo. Ma la questione decisiva è: ogni servizio per l’uomo ha come fondamento quello di servire il Signore. Il servizio al Signore ci spinge al servizio verso gli uomini.
In Luca 17:7-10, ci viene detto molto chiaramente ciò che il Signore richiede. Lì si parla di due specie di lavoro, cioè arare il campo e pascolare il gregge. Ambo i lavori sono molto importanti, tuttavia, il fattore si aspetta che il servo, ritornato a casa dai campi, provveda dapprima al fattore stesso, prima di sedersi e di godere la cena assegnatagli. Se siamo ritornati a casa dal nostro lavoro dei campi, vorremmo riflettere su tutto ciò che abbiamo fatto e gioirne. Ma il Signore dice: «Rimboccati le vesti e servimi». Il Signore pretende di essere servito. Noi forse abbiamo agito in un’ampia zona lavorativa, occupandoci delle pecore, ma tutta la nostra fatica sul campo e col gregge, non ci esonera dall’obbligo di servire il Signore stesso, perché sia personalmente soddisfatto. Questo è il nostro compito più importante.
Fratelli e sorelle, di che cosa si tratta in definitiva? Solo del lavoro sul campo, cioè che ai profani venga annunciato il vangelo, oppure della sorveglianza del gregge e cioè che ai salvati venga provveduto? Non è il nostro desiderio che il Signore possa mangiare fintanto che ha fame e bere finché la Sua sete venga soddisfatta? Certo dobbiamo mangiare e bere anche noi, ma ciò può accadere solo quando il Signore è soddisfatto. Anche noi abbiamo bisogno di essere soddisfatti, ma non potremmo mai esserlo se manca qualcosa alla gioia del Signore. Chiediamoci personalmente: «Il nostro lavoro serve alla nostra soddisfazione o a quella del Signore»? Credo che dopo il lavoro per il Signore siamo oltremodo contenti, anche se il Signore non sente alcuna soddisfazione. Siamo forse spesso lieti del nostro lavoro, senza che Egli ne senta gioia.
Fratelli e sorelle, se abbiamo fatto tutto ciò che è nelle nostre possibilità, dobbiamo tuttavia riconoscere: siamo schiavi inutili. La nostra meta non sta nel servire il mondo o la chiesa, piuttosto vogliamo servire il Signore. Beati sono coloro che sanno distinguere tra il servizio in favore dei peccatori o dei fedeli ed il servizio al Signore. Questa sensibilità di distinzione senz’altro non la si riceve. Ma solo col fatto che il Signore lavora intensamente su di noi, impareremo a distinguere tra il servizio verso di Lui e verso la casa.
Se lo Spirito Santo tuttavia ha il permesso di inserirsi nella nostra vita, sarà in grado di riuscirci. Supplichiamo Dio di farci la grazia di rivelarci il vero significato di servirLo.
Da richiedere presso:
IL FIUME DI VITA
Cas. Post. 2015
39100 Bolzano
I versetti biblici sono tratti dalla versione
«La Nuova Diodati» (revisione 1991)
Seconda edizione 1993
ISBN 3-88083-968-9
Tradotto dal tedesco
Titolo originale:
Dienst für das Haus oder für den Herm
Copyright dell’edizione italiana 1993
Verlag Der Strom GmbH
70599 Stuttgart